Armine Harutyunyan e il body shaming

Pastel Studio- body shaming

Armine Harutyunyan e il body shaming

Body shaming.

Dire la propria ad ogni costo, a costo di offendere, sperando di offendere.
Sicuramente è un virus, più diffuso del Covid19.
Esternare la propria opinione su qualsivoglia argomento, con qualsiasi mezzo a disposizione, chiunque sia l’obiettivo.

Come se fosse importante, come se fosse necessario, come se potesse interessare davvero.
Il tutto avviene digitando su una tastiera, protetti dall’anonimato o dalla convinzione che a scrivere sia l’account e non la persona.
A farne le spese, quasi sempre, le donne, colpevoli di essere troppo qualcosa: brutte, grasse, basse, stupide.
Troppo, eppure mai abbastanza.

I leoni da tastiera.

I detrattori, detti anche leoni da tastiera, si ergono a giudici meritevoli ed insindacabili di un ago della bilancia che non esiste eppure sbilancia.
Sono gli stessi che da anni perseguitano Vanessa Incontrada, a nostro dire una delle donne più belle della televisione italiana, perché dopo la gravidanza non è tornata alla taglia che la gente si aspettava. Perché la gente si aspetta sempre qualcosa e non perdona.
E allora giù con commenti spietati e punitivi a cui lei ha sempre risposto con eleganza, lentiggini e sorriso.

Vanessa Incontrada

Armine Harutyunyan

E lo stanno facendo in questi giorni nei confronti di Armine Harutyunyan, la giovane modella armena che Gucci ha scelto come testimonial, per raccontare un viso nuovo, che non ha colpe ma, anzi, tratti armeni, intensi, finalmente nuovi.
Ma i leoncini, si sa, saranno evidentemente bellissimi presso se stessi, e sgomitano per la battuta più sagace o la critica più feroce, tanto da aver diffuso addirittura foto di Armine ritoccate, e non veritiere, per metterla alla berlina, per ferire ancora ed ancora una ragazza di vent’anni.

Lo stereotipo.

Quel che più dispiace è essere spettatori di un quotidiano gioco al massacro, in cui il confine tra umano e disumano è sparito, e l’unica cosa chiara è una sola: che si concepisce un’unica, stereotipata ed omologante bellezza.