Alla moda, il nostro grande amore

Copertina Vogue aprile 2020

Alla moda, il nostro grande amore

Siamo cresciuti a pane e Vogue. Quando ci hanno lasciato Oscar de la Renta, Gianfranco Ferrè, Laura Biagiotti e Franca Sozzani ci siamo vestiti a lutto rifugiandoci nell’eterna eleganza del nero. 

La moda è il nostro grande amore. La moda è vita, mistero, ribellione, potere. Con lei siamo cresciuti e dobbiamo a lei quello che siamo: coraggiosi sognatori, creativi, inguaribili visionari.  

Il Covid 19 ha ribaltato l’ordine di ogni cosa.  Tutte le certezze sono crollate. Passiamo le giornate tra percentuali e previsioni fatte di speranza e paure.

 

E della moda, del nostro grande amore, cosa ne sarà?

DOVE ERAVAMO RIMASTI PRIMA DEL CORONAVIRUS 

 

Il Coronavirus ha costretto il settore fashion a scontrarsi con nuovi limiti e paradigmi. Sfilate, produzione, distribuzione. Tutto viene rimesso in discussione. Persino il concetto stesso di moda.
Dove eravamo arrivati prima del Covid 19?
A una moda avida, con continui ricambi di collezioni nella stessa stagione, in una bulimia di abiti che si contrapponeva all’uso di materiali riciclati e tessuti sostenibili.
La spettacolarizzazione delle sfilate era diventata una mera gara al set scenografico più eclatante, con lo scopo di stupire più per il contenitore che per il contenuto. I social media fagocitavano contenuti per non creare vuoti per pensare, con il fine di spingere le persone verso il prossimo acquisto. 

 

Cosa cambierà dopo il Coronavirus? 

DA ARMANI A VOGUE: IL FUTURO DELLA MODA RIPARTE DALL’ESSENZIALE 

 

Ogni situazione di crisi presenta i germogli dell’opportunità. Due segnali forti sono arrivati dalle colonne portanti del settore: Giorgio Armani e Vogue Italia.
Re Giorgio ha scritto una lettera indirizzata al mondo della moda pubblicata sulla rivista WWD Women’s Wear Daily. Le sue parole, piene di verità e passione, sono un monito per riflettere sulla situazione attuale e per cambiare le sorti del futuro.

giorgio armani

“Il declino del sistema moda, per come lo conosciamo, è iniziato quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast fashion con il ciclo di consegna continua, nella speranza di vendere di più. Io non voglio più lavorare così, è immorale. Non ha senso che una mia giacca, o un mio tailleur vivano in negozio per tre settimane, diventino immediatamente obsoleti, e vengano sostituiti da merce nuova, che non è poi troppo diversa da quella che l’ha preceduta. Io non lavoro così, trovo sia immorale farlo”.

Re Giorgio pensa che questa situazione di crisi sia un’enorme opportunità per tornare all’essenzialità della moda, alla sua funzione sociale primaria, per tornare ad avere un rapporto più autentico con le persone attraverso gli abiti, per tornare a una dimensione più umana e più vera. 

sfilara armani 2

Ho sempre creduto in un’idea di eleganza senza tempo, nella realizzazione di capi d’abbigliamento che suggeriscano un unico modo di acquistarli: che durino nel tempo. Per lo stesso motivo trovo assurdo che durante il pieno inverno, in boutique, ci siano i vestiti di lino e durante l’estate i cappotti di alpaca, questo per il semplice motivo che il desiderio d’acquisto debba essere soddisfatto nell’immediato.

Questo sistema, spinto dai department store, è diventata la mentalità dominante. Sbagliato, bisogna cambiare, questa storia deve finire. Questa crisi è una meravigliosa opportunità per rallentare tutto, per riallineare tutto, per disegnare un orizzonte più autentico e vero. Basta spettacolarizzazione, basta sprechi.

Un altro segnale forte in linea con le parole dello stilista arriva da Vogue Italia. Il numero di aprile si presenta con una copertina completamente bianca. Le parole del direttore Emanuele Farneti motivano questa scelta:

Il bianco è innanzitutto rispetto.
Il bianco è rinascita, è la luce dopo il buio, la somma di tutti i colori.
È tempo e spazio per pensare. Anche per rimanere in silenzio (perché se tutti facessimo un po’ più di silenzio, chissà quante cose potremmo sentire, dicevano le ultime righe di un bel libro uscito qualche anno fa).
Il bianco è le divise di chi ci ha salvato la vita, mettendo a rischio la propria.
Il bianco è per chi questo spazio e questo tempo vuoto lo sta riempiendo di idee, pensieri, racconti, versi, musica, attenzioni per gli altri.
Il bianco è come quando, dopo la crisi del ’29, gli abiti si fecero candidi – un colore scelto per esprimere purezza nel presente, e speranza nel futuro.
Bianche sono le notti di chi ha lavorato a questo numero, da questo e l’altro lato dell’oceano, in condizioni complicate. A ciascuno di loro va la mia gratitudine.
Soprattutto: il bianco non è resa, piuttosto è una pagina tutta da scrivere, il frontespizio di una nuova storia che sta per cominciare.

Il mondo della moda immagina quindi la ripresa dopo il Coronavirus come un punto di ripartenza, in cui non si torna alla normalità ma si crea una nuova realtà che pone le radici nei valori del passato e si sviluppa con la tecnologia del futuro.
Una moda che rallenta, che si fa più autentica, più vera.

IL NOSTRO PENSIERO D’AMORE 

 

Quale sarà il futuro allora?
L’unica certezza sarà il cambiamento. Le disposizioni di sicurezza imporrano alla moda di pensare a un nuovo modo di essere. Ci sarà bisogno di scegliere mezzi di distribuzione più sostenibili e sicuri, passando dalle boutique all’e-commerce.
Ci sarà bisogno di usare nuovi canali di comunicazione tra social e web per sopperire al distanziamento sociale. Ci sarà bisogno di un nuovo approccio economico, per fronteggiare la crisi dovuta allo stop e ripartire.
Ci sarà bisogno di un nuovo modo di pensare con un diverso sistema di valori che metta al centro le persone e i loro bisogni.

 

Per tutto questo, cara moda, noi siamo pronti ad aiutarti.
Con idee, passione e coraggio.

 

È il nostro modo per dirti grazie per quello che hai fatto per noi. Siamo pronti, ti stiamo aspettando. 

 

Con affetto, 

 

Pastel Studio